pagamenti10 Dal 1° luglio 2018 è operativo il divieto per le aziende di pagare la retribuzione in contanti a dipendenti, collaboratori e soci lavoratori di cooperativa. Infatti, le uniche modalità di pagamento consentite saranno il bonifico bancario o postale, il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente, l’emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o gli strumenti di pagamento elettronico.

Dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro ed i committenti non possono più corrispondere ai lavoratori/collaboratori la retribuzione/compenso, nonché ogni anticipo di essa, per mezzo di denaro contante, indipendentemente dalla tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

La norma di riferimento è all’interno della Legge di Bilancio 2018 (articoli 911 e ss. della legge n. 205 del 27 dicembre 2017).

La finalità del provvedimento attiene ad una maggiore trasparenza nella corresponsione degli emolumenti ai lavoratori, ciò a tutela dei diritti dei lavoratori stessi, nonché al fine di contrastare il fenomeno dell’economia sommersa attraverso la corresponsione di valori con modalità di pagamento tracciabili.

La preclusione all’uso del contante è prevista per qualsiasi rapporto di natura lavorativa, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione, sia essa autonoma o subordinata (es. rapporto dipendente, collaborazione coordinata e continuativa, ecc.).

Rientrano nella disposizione anche i rapporti di lavoro instaurati, in qualsiasi forma, dalle cooperative con i propri soci (ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142).

Inoltre, nessuna esclusione alla disposizione normativa può essere effettuata in relazione alla brevità del rapporto di lavoro, come, ad esempio, per quanto attiene ai contratti subordinati a tempo determinato o intermittenti, ovvero per i rapporti di lavoro autonomo occasionali, previsti dall’art. 2222 del c.c.; infatti, anche in questi casi, bisognerà seguire le indicazioni fornite dal legislatore in merito ai mezzi di pagamento tracciati, per le prestazioni fornite.

Esclusioni

Vengono previste anche delle esclusioni all’obbligo normativo. Questi i rapporti esclusi dal divieto al pagamento in contanti delle retribuzioni:

– rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche Amministrazioni;

-rapporti di lavoro domestico (di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339 e a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei CCNL per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale).

Resta inteso che qualora la retribuzione sia superiore ai 2.999,99 euro, si debba fare riferimento alla normativa generale (articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007) che prevede il divieto al trasferimento di denaro contante qualora sia di importo pari o superiore a 3.000 euro. Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

In caso di violazione alla presente disposizione, il legislatore prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro, che verrà predisposta dagli uffici della Ragioneria territoriale dello Stato.

Modalità di pagamento

Queste le uniche modalità di pagamento previste dal legislatore dal 1° luglio 2018:

– bonifico (bancario o postale) sul conto – identificato dal codice IBAN – indicato dal lavoratore

– strumenti di pagamento elettronico

– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento

– emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. Viene considerato comprovato l’impedimento qualora il delegato sia: il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

Sanzioni

Il pagamento della retribuzione effettuato con l’utilizzo di denaro contante comporterà violazione alla disposizione in oggetto e l’emissione, da parte degli organi di vigilanza, di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro.

Valore della firma del lavoratore sulla busta paga

Un’ultima precisazione il legislatore la dispone in merito al valore della quietanza, fornita dal lavoratore con la sottoscrizione della busta paga.
L’ultimo periodo del comma 912 evidenzia come la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisca prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Detta prescrizione è un ulteriore chiarimento a ciò che la giurisprudenza di legittimità aveva già più volte affermato e cioè che la sottoscrizione “per quietanza” o “per ricevuta”, apposta dal lavoratore alla busta paga, non implica, di per sé, in maniera univoca, l’effettivo pagamento della somma indicata nel medesimo documento, e pertanto non è da ritenersi prova di tale pagamento.

Tra le più recenti, evidenzio la sentenza n. 9294/2011 che stabilisce che “è onere del datore di lavoro di consegnare ai propri dipendenti i prospetti contenenti tutti gli elementi della retribuzione e che, comunque, i detti prospetti, anche se eventualmente sottoscritti dal prestatore d’opera con la formula “per ricevuta”, non sono sufficienti per ritenere delibato l’effettivo pagamento, potendo costituire prova solo dell’avvenuta consegna della busta paga e restando onerato il datore di lavoro, in caso di contestazione, della dimostrazione di tale evento. Pertanto, la sottoscrizione della busta paga dimostra soltanto la sua regolare consegna al dipendente, mentre la prova dell’effettivo pagamento è totalmente a carico del datore di lavoro.”

ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO

A seguito di alcune richieste di chiarimenti pervenute alla scrivente in relazione alle disposizioni introdotte con le norme della legge di bilancio di cui all’oggetto ad integrazione di quanto già precisato con  la nota n. 4538 del 22 maggio 2018, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche  sociali, si rappresenta quanto segue.

Modalità di calcolo della sanzione

Come noto, l’art. 1, comma 910, della L. n. 205/2017 prevede che: “a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa,  attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi ()”.

 La violazione di tale precetto è sanzionata ai sensi del successivo comma 913, con la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
La formulazione del precetto lascia intendere che il regime sanzionatorio sia riferito alla totalità dei lavoratori in forza presso il singolo datore di lavoro con la conseguenza che la sua applicazione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione.
Tuttavia in relazione alla consumazione dell’illecito, il riferimento all’erogazione della retribuzione – che per lo più avviene a cadenza mensile – comporta l’applicazione di tante sanzioni quante sono le mensilità per cui si è protratto l’illecito.  A titolo esemplificativo, qualora la violazione si sia protratta per tre mensilità  in relazione a due lavoratori, la sanzione calcolata ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981 sarà pari a: euro 1666,66×3 = euro 5.000. Per quanto sopra chiarito, il medesimo importo sarà così calcolato qualora, per lo stesso periodo (tre mensilità), i lavoratori interessati dalla violazione siano in numero minore o maggiore.

Mezzi di pagamento – casistica

  1. a) Strumenti elettronici

Rientra tra gli “strumenti di pagamento elettronico” previsti dalla lettera b) del comma 910 dell’art. 1, il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche laddove la carta non sia collegata ad un IBAN; in tale ultimo caso, per consentire l’effettiva tracciabilità dell’operazione eseguita, il datore di lavoro dovrà conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza. Si rammenta, infatti che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

  1. b) Altre modalità di pagamento

In relazione a soci lavoratori di cooperativa che siano anche “prestatori” (ovvero intrattengano con la cooperativa un rapporto di prestito sociale) appare altresì conforme alla ratio della norma il pagamento delle retribuzioni attraverso versamenti sul “libretto del prestito”, aperto presso la medesima cooperativa, a condizione che:

– tale modalità di pagamento sia stata richiesta per iscritto dal socio lavoratore “prestatore”;

– il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” a cura dell’Ufficio paghe e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.

Si fa riserva di integrare la presente nota con ulteriore casistica allo stato al vaglio del Ministero del lavoro, nonché con indicazioni operative, oggetto di confronto con l’ABI, inerenti le modalità di riscontro dei pagamenti da parte del personale ispettivo.